Ecco l’intervento della Sapienza in Mobilitazione che una studentessa avrebbe dovuto leggere il 28 Gennaio a Cassino, giornata dello sciopero generale indetto dalla Fiom e dai Cobas. Trenitalia ha bloccato il treno degli studenti a Colleferro dopo una trattativa avvenuta alla stazione di Roma Termini. Gli studenti, bloccando tutti i binari della stazione di Colleferro, oltre a mettere in pratica lo sciopero generale bloccando di fatto i flussi della produzione, dopo 4 ore di trattativa sono riusciti a ripartire per Roma.
Ecco il testo dell’intervento:
Siamo gli studenti e le studentesse che negli ultimi anni si sono ribellati alle politiche di smantellamento dell’istruzione pubblica italiana e che quest’autunno si sono mobilitati con forza, in tutte le città d’Italia, contro il Ddl Gelmini, riportando al centro del dibattito politico di questo paese non soltanto i temi dell’istruzione e dell’università pubblica, ma anche la difesa del diritto al lavoro, dei beni comuni, della democrazia e del diritto al futuro.
Oggi siamo qui in piazza insieme a voi, non soltanto per essere solidali con le vostre lotte, ma perché in questi mesi abbiamo ripetuto spesso come ci sia un filo rosso tra i processi di dismissione dell’università pubblica e l’attacco alle garanzie e ai diritti sindacali e al welfare.
Questo legame è emerso, in questi mesi, in forma ancora più nitida, sia dal punto di vista dell’azione del governo, sia da quello, forse più importante, dei percorsi di resistenza nel campo della formazione e del lavoro.
Il progetto del governo è chiaro, come hanno ribadito più volte: “farla finita con gli anni ‘70”, ovvero smantellare definitivamente quel modello sociale che poneva al centro delle scelte produttive la rivendicazione dei diritti, conquistati, in quegli anni, attraverso le lotte unitarie di studenti e operai, esattamente come sta avvenendo oggi in questa straordinaria manifestazione.
Pensare di poter disporre delle vite dei lavoratori, costringendoli ad un ricatto sul loro futuro e delegittimando le loro proteste, è uno dei più gravi attacchi alla democrazia e ai diritti sociali, che un paese non può permettersi di sopportare in silenzio.
Allo stesso modo utilizzare la retorica del merito e dell’efficienza per smantellare il diritto allo studio e l’università pubblica, provando a reprimere le proteste del movimento studentesco, non è che l’altra faccia della medaglia di un Governo che si dichiara apertamente dalla parte di Marchionne, della Fiat e di Confindustria.
Non è un caso, pertanto, che su questi due terreni si stia giocando una partita dal forte valore simbolico, oltre che politico.
Vogliono cancellare un sistema formativo pubblico che negli anni ha permesso a tantissimi figli di lavoratori e lavoratrici di poter accedere ai livelli più alti dell’istruzione, per realizzare le proprie aspirazioni e migliorare le proprie condizioni materiali di vita. Smantellare il diritto allo studio vuol dire aumento delle tasse universitarie e degli affitti , riduzione delle mense e delle case dello studente, tutto questo a favore del fondo per il merito del prestito d’onore che ci costringono ad indebitarci per poter studiare! Ci chiediamo quale sia il “merito” di cui parla il Ministro Gelmini, se le borse di studio vengono ridotte del 50% ??! Quale merito se l’università diventa sempre più un privilegio per pochi e non un diritto per tutti?
In questi mesi ci siamo mobilitati con una consapevolezza: quella di non essere soli. Ce ne siamo accorti nella straordinaria manifestazione del 16 ottobre a Roma, quando centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici da tutta Italia sono scesi in piazza e hanno dato vita ad un corteo imponente che reclamava lavoro, diritti, dignità e democrazia. In quella grande manifestazione c’eravamo anche noi, studenti e studentesse provenienti da tantissimi atenei italiani, consapevoli che le nostre lotte e quelle dei lavoratori, nascono dal rifiuto della stessa logica del ricatto, della stessa condanna alla precarietà e da una comune difesa della democrazia e del diritto al dissenso in questo paese. A differenza di quanto vogliono farci credere, non esiste contrapposizione generazionale tra la difesa dei diritti dei lavoratori e la difesa del nostro diritto al futuro, in entrambi i casi è questo Governo a ignorare le istanze sociali, portate avanti dai movimenti, in entrambi i casi è questo governo ad essere complice e artefice di politiche che cancellano il sapere come bene comune e il lavoro come bene comune.
Abbiamo guardato perciò ai referendum di Pomigliano e Mirafiori, consapevoli che non sono eccezioni o semplici vertenze territoriali, perché in gioco c’è la volontà di ridisegnare l’intero quadro delle relazioni fra industria e lavoro a partire dallo smantellamento del contratto nazionale di lavoro ed attaccando le libertà sindacali.
Giudichiamo dunque straordinario l’esito del voto del referendum di Mirafiori dove, di fronte al ricatto tra perdita del lavoro e perdita dei diritti, i lavoratori e le lavoratrici di non hanno chinato la testa: il “no”, infatti, ha perso di pochissimi voti, dando al nostro Paese una grande lezione di coraggio e democrazia. E da questa grande forza e grande coraggio delle lavoratrici e dei lavoratori di Mirafiori, noi oggi, vogliamo ripartire guardando avanti.
In questi mesi insieme abbiamo dimostrato che in questo Paese è ancora viva una forte opposizione sociale, in grado di resistere ai processi di riforma autoritari e alle politiche portate avanti da una classe dirigente vecchia, corrotta e distante anni luce dai reali bisogni degli studenti, dei lavoratori e dei migranti di questo Paese. Una classe politica che vuole farci credere che per essere competitivi nell’epoca della globalizzazione, è necessario tagliare i salari, aumentare le ore di lavoro giornaliere, eliminare le pause di riposo, annientare i diritti. Chiediamo allora a Marchionne quali sono i sacrifici che lui sta facendo con uno stipendio di 5 milioni di euro all’anno?! Quali sono i sacrifici che stanno facendo Berlusconi, Tremonti e la Marcegaglia?! Perché anno dopo anno, nelle leggi finanziarie varate dal governo, vediamo continuamente aumentare gli investimenti per le spese militari all’estero, per le inutili grandi opere, per le università private, mentre non si fa altro che tagliare sullo stato sociale?!
La crisi è l’elemento in base al quale il governo legittima le sue scelte devastanti, il messaggio chiaro di Marchionne e Tremonti è che “bisogna essere tutti più poveri per uscire dalla crisi”.
Oggi siamo venuti a Cassino perché è in questa fabbrica che Marchionne ha dichiarato di voler approvare al più presto il nuovo contratto di lavoro ed è qui dunque che dovremo, insieme, organizzare una nuova resistenza, insieme alle lavoratrici e i lavoratori della Fiat.
Ma non basta, perchè in questa grande manifestazione di oggi, come in quelle passate, stiamo dicendo anche molto altro: stiamo affermando che noi non condividiamo affatto le politiche che il Governo sta mettendo in campo e che pensiamo che l’unico modo per uscire dalla crisi sia mettere in discussione l’attuale sistema economico e di sviluppo. Un sistema economico che tende continuamente ad accrescere la disuguaglianza sociale, che cancella i diritti, distrugge l’ambiente e privatizza i beni comuni con un unico scopo: la ricerca forsennata del profitto.
Noi non vogliamo difendere l’esistente, Noi dobbiamo invece avere la capacità di rilanciare, tutti assieme, la costruzione di un’alternativa a questo modello di sviluppo. Ad esempio un’economia che ripensi la mobilità in un’ottica compatibile con l’ambiente, un’economia che affronti il problema della precarietà e delle diseguaglianze sociali a livello globale e locale.
Per fare questo c’è bisogno che la manifestazione di oggi non sia la chiusura di un ciclo, ma che al contrario sia immediatamente in grado di guardare avanti. La giornata di oggi ci insegna, infatti, che siamo in grado, tra le differenze, di parlare lo stesso linguaggio. Non c’è più distinzione tra garantiti e non garantiti e che solo un grande percorso comune, in difesa della contrattazione nazionale e per la costruzione di un nuovo welfare, può metterci al riparo dalla macelleria sociale del governo.
C’è bisogno di rafforzare i processi di costruzione dal basso di una forte opposizione sociale, processi che già in questo autunno hanno visto lottare uniti differenti soggetti con obiettivi comuni. Abbiamo dunque bisogno anche di strumenti efficaci, in grado di ampliare il fronte di lotta e generalizzare la protesta. Per questo continuiamo con forza a chiedere, come già abbiamo fatto nei mesi passati, la convocazione quanto prima di uno sciopero generale da parte della Cgil, uno sciopero vero, in grado di saldare le lotte tra loro e che possa realmente bloccare la produzione in questo Paese.
Pensiamo che i tempi per la convocazione dello sciopero generale siano maturi, lo abbiamo dimostrato noi studenti in questo autunno, lo hanno dimostrato gli operai di Mirafiori con il referendum e lo abbiamo dimostrato oggi nelle tante manifestazioni in tutta Italia.
E’ evidente a tutti che non abbiamo una classe politica a cui appellarci, il futuro è solo nelle nostre mani e va costruito a partire dalle mobilitazioni e dalle rivendicazioni comuni. D’altronde non siamo soli: le nostre lotte non si dispiegano affatto in un contesto isolato. Per tutta l’Europa e nel Maghreb continuano a moltiplicarsi le rivolte sociali,che vedono protagonisti soprattutto studenti e giovani precari. Ovunque ci si ribella alla crisi e si lotta contro dittature e autoritarismi. Ovunque si chiede lavoro, democrazia e nuovi diritti.
La strada da percorrere è ancora lunga ma non ci spaventa perché se continuiamo a lottare insieme, siamo convinti di poter cambiare davvero questo Paese! Continuiamo a lottare uniti!
Sapienza in mobilitazione