medicina in mobilitazione
Blog dell'Assemblea di Medicina della Sapienza, Roma
Lettera aperta di Fatima Bonanno, mamma di Andrea morto nel 2005 per un ingessatura troppo stretta.
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«Il mio bimbo morto per un’ingessatura Fermate la mattanza»

«Al Sud tragedie per interventi banali»

Dopo il caso di Francesca, la bimba di 2 anni e mezzo a cui è stato ingessato il braccio sano
(e la cui vicenda è stata raccontata sul giornale di sabato), al
«Corriere» è arrivata la lettera di Fatima Bonanno, mamma di Andrea. Un
altro caso di malasanità, ma dall’esito più drammatico: nello stesso
ospedale (l’Annunziata di Cosenza) e nello stesso reparto (Ortopedia e
traumatologia) in cui è stata ricoverata Francesca, il piccolo Andrea
ha perso la vita, nell’ottobre 2005, per le complicazioni causate da
un’ingessatura troppo stretta. Una morte che ha portato alla condanna,
in primo grado, di tre medici della clinica calabrese.

Caro Direttore,
sono
Fatima, la mamma di Andrea Bonanno, il bambino di 7 anni che
nell’ottobre del 2005 ha perso la vita nell’Ospedale civile Annunziata
di Cosenza per un’ingessatura troppo stretta applicatagli al braccio.
Scrivo questa lettera perché l’ultimo dell’anno,
in Calabria, si è verificato l’ennesimo caso di malasanità. Nello
stesso ospedale, stesso reparto di Ortopedia e traumatologia, in cui ha
perso la vita mia figlio, a una bambina di due anni e mezzo è stato
ingessato il braccio sano anziché quello fratturato, e ai lamenti della
bambina la risposta dei sanitari era che faceva dei capricci,
esattamente come si diceva per Andrea. Fortunatamente la bimba non ha
subito danni, purtroppo per Andrea non è stato così. Il 26 settembre
scorso, il Tribunale penale di Cosenza in composizione monocratica,
nella persona del dottor Gianfranco Grillone, ha condannato tre medici.
Due per omicidio colposo tra cui il primario del reparto, e uno per
falso, per aver alterato la cartella clinica di Andrea. Come si vede,
qui non ci facciamo mancare proprio niente! 

 

Andrea Bonanno, morto nel 2005 a 7 anni
Andrea Bonanno, morto nel 2005 a 7 anni

La nostra è stata una lunga battaglia legale, che ci ha portato
a scontrarci con il sistema; in questo processo c’è stato di tutto:
dalle perizie false, dalle quali il Gup ha preso le distanze
sconfessando i suoi stessi periti e rinviando a giudizio gli
ortopedici, ai numerosissimi incontri con i rappresentanti delle
istituzioni, tra i quali risalta, nel giugno 2008, l’incontro con il
ministro di Grazia e giustizia Angelino Alfano. Tantissimi gli sforzi
compiuti da me e mio marito per assicurare una degna difesa ad Andrea,
almeno da morto, visto che non siamo stati in grado di proteggerlo da
vivo. In dibattimento, abbiamo affidato il caso all’avvocato professor
Carlo Taormina e all’avvocato Enzo Belvedere del Foro di Cosenza; le
consulenze sono state assegnate al professor Alessandro dell’Erba della
prima Università di Bari, e al professor Lamberto Perugia, massima
espressione dell’ortopedia italiana.

In corso di causa, al giudice lo stesso Perugia ha riferito
tante cose, ma una mi ha sconvolto e frustrato particolarmente: che per
salvare la vita di Andrea sarebbe bastato che quegli ortopedici
avessero seguito le regole basilari, quelle che a suo dire si insegnano
ai tirocinanti. Per adesso la giustizia ha trionfato in un’aula di
tribunale, ma è difficile che questo risultato risani ciò che si è
spezzato irrimediabilmente nelle nostre vite. Il giudice, nella sua
sentenza, con motivazioni contestuali denuncia il sistema; questi sono
alcuni passaggi della motivazione: «Si è detto che Andrea Bonanno è
stato vittima della trascuratezza, quando invece in quei pochi giorni
di ricovero è stato visitato, curato, seguito da decine tra medici ed
infermieri delle più diverse branche, fatto oggetto delle più svariate
consulenze, sottoposto a una serie innumerevoli di trattamenti ed
accertamenti; eppure la struttura che avrebbe dovuto garantirgli la
guarigione da una banale frattura lo ha ucciso. Il piccolo Andrea è
stato prima di tutto vittima di un sistema che concepisce il malato
come una sorta di fantoccio inanimato, un contenitore di organi e di
ossa trasportato da un reparto all’altro perché, nelle migliori delle
eventualità, questi e quelle vegano "prese in carico" dagli specialisti
di settore, o perché nella peggiore, chi si sia trovato a "gestire" il
"paziente critico" sia messo un domani in condizione di poter dire (e,
soprattutto, poter documentare) che nessun sintomo è stato trascurato,
nessun esame è stato omesso, nessuna consulenza non è stata invocata;
poi c’è un bambino che si lamenta per un gesso troppo stretto, ne porta
i sintomi che anche un profano sarebbe in grado di decifrare… ma "il
sistema" ha ormai reso tutti ciechi e sordi».

Forse è troppo scomodo tutto questo, qualcuno penserà che è troppo duro,
ma io che ho assistito alla sofferenza e alla morte di mio figlio penso
che è stato quasi divino. È come se il giudice avesse visto attraverso
i miei occhi e quelli di mio figlio tutto l’accaduto. Tra non molto ci
sarà il giudizio di appello, lotteremo con tutte le forze affinché
siano confermate le condanne, così come continueremo a lottare per
l’applicazione delle sanzioni disciplinari ai medici condannati che, a
tutt’oggi, continuano a svolgere la propria attività come se non fosse
successo nulla. Anche la Commissione parlamentare sugli errori
sanitari, a riguardo, ha chiesto espressamente al Presidente Loiero che
ciò venga fatto al più presto, ma ancora non è stato possibile
raggiungere questo traguardo, che per me è il più importante, perché
solo quando tutto questo accadrà, Andrea forse avrà giustizia.

Qui la gente perde la vita, non perché viene sottoposta a degli
interventi di alta chirurgia, dove i rischi sono messi in conto, bensì
per appendicite, per ascesso tonsillare o peggio ancora per un semplice
gesso. È forse chiedere troppo, desiderare che qualcuno faccia qualcosa
per fermare questa mattanza? Ma non con parole o false promesse, con
fatti concreti. E per chi pensa che questi casi non meritino la stessa
valenza dei casi di cronaca, quella fatta da persone senza una morale,
senza scrupoli, vi assicuro, data la mia esperienza personale, che non
c’è alcuna differenza. Anzi, ci si sente doppiamente traditi, perché ho
affidato mio figlio a dei medici, credendo che fosse in buone mani, ma
così non è stato. E una volta che mio figlio è morto, in quell’esatto
momento ha smesso di essere qualcuno ed è diventato solo qualcosa per
cui liberarsi al più presto da ogni responsabilità.

C’è chi ha falsificato la cartella clinica, c’è la cosiddetta Commissione interna
che con assoluta mancanza di rispetto verso la morte di un bambino, e
dei suoi genitori, senza aspettare neanche l’esito dell’autopsia, era
già pronta a sostenere ipotesi assolutorie, «nessun colpevole». Ho
sbagliato a pensare che i medici per la semplice scelta della nobile
professione abbiano per forza anche l’animo nobile e dei principi
morali. A mie spese, però, ho scoperto che non è così, loro si
difendono anche quando sono così evidenti le proprie colpe. Affido
questa lettera, semplice contenitore di un dolore in realtà
incontenibile, a tutti i lettori, sperando, o forse sognando, che
qualcosa o qualcuno possa porre fine a tante ingiustizie.
Mamma di Andrea                                      

dal Corriere della Sera , http://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_04/lettera_957d19bc-f910-11de-9441-00144f02aabe.shtml

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