medicina in mobilitazione
Blog dell'Assemblea di Medicina della Sapienza, Roma
RIFORMA UNIVERSITARIA: Contributo dall’ osservatorio sulla ricerca
Categories: General


Cari tutti,
di seguito trovate alcune considerazioni sul disegno di legge riguardante il
sistema universitario presentato nel consiglio dei ministri dello scorso 28
ottobre. Siamo di fronte ad un progetto ampio, confezionato senza confronto
con la comunità di riferimento: si cerca di mettere mano all’intero sistema
dell’università, dalla cosiddetta "governance" (ossia alle modalità
organizzative strutturali del sistema) fino al reclutamento.
Proviamo a dare un quadro per punti e poi concludiamo con alcune note
generali.

1) si imprime una svolta nella direzione di un ESPLICITO DIRIGISMO del
Ministero nei confronti delle università con una RIDUZIONE SOSTANZIALE degli
spazi di autonomia. Ne sono prova le dettagliatissime "ISTRUZIONI" che
vengono fornite alla realizzazione degli STATUTI (ormai solo cosiddetti
"autonomi") delle università, tanto per la riorganizzazione degli ORGANI,
quanto per la definizione delle ARTICOLAZIONI INTERNE (con un’accuratezza di
definizione e con vincoli così stringenti che lasciano pochissimo spazio a
qualunque autonoma decisione: i cosiddetti "indirizzi" divengono di fatto
una dettagliata prescrizione operativa!).
Non a caso nella relazione illustrativa si spendono molte parole sulla
legittimità di una tale irruzione negli spazi di autonomia sostenendo come
la stessa Costituzione preveda un ruolo per lo Stato e le sue leggi nella
regolazione delle autonomie (richiamando sentenze a propria (preventivamente
stabilita) discolpa!).
Noi NON DISCUTIAMO LA LEGITTIMITA’ di tale operazione (che spetta
eventualmente ad altri più qualificati organi giudicare), quanto piuttosto
L’OPPORTUNITA’ POLITICA di un tale RADICALE cambiamento di indirizzo.

2) un punto chiaramente critico (e in qualche misura preoccupante) riguarda
la possibilità che si offre ai privati di contribuire significativamente
alle DECISIONI STRATEGICHE DELLE UNIVERSITA’ con l’ingresso nei CdA di
ALMENO il 40% di esterni con competenze gestionali-amministrative e con il
travaso di molti poteri dai senati accademici ai CdA stessi. Considerando
l’introduzione della norma che concede la possibilità alle università
italiane di trasformarsi in fondazioni private (nella legge 133/08 dello
scorso anno) e lo strozzamento finanziario a cui le università sono
sottoposte, si capisce come i rischi di stravolgimento possano essere molto
alti.

3) un altro elemento che si evince dal testo della legge è una sorta di
sottomissione del ministero della UR rispetto al ministero dell’economia. Di
fatto le competenze di quest’ultimo si allargano in modo del tutto
incomprensibile a questioni di merito che dovrebbero riguardare il solo
ministro dell’università (l’articolo 4 è solo la clamorosa conferma di
questa evidenza: il fondo per il merito verrà gestito, non solo sul piano
economico ma anche su quello della definizione dei criteri, dei requisiti,
etc. principalmente dal ministro dell’economia!).
E’ evidente che questo elemento è figlio delle personalità che oggi
ricoprono gli incarichi nei due ministeri, pur tuttavia è incomprensibile
che si decida di tradurre tali rapporti di forza nella definizione di una
legge che dovrebbe prescindere dalle personalità che stanno ricoprendo i
rispettivi ruoli. Anche perché quei ruoli sono intimamente connessi con
obiettivi e funzioni differenti che se mescolate possono condurre a gravi
inadeguatezze.

4) Ancora un punto critico può venire dall’introduzione della duplicazione
delle modalità di reclutamento. Se è certamente interessante aver introdotto
lo strumento della tenure track (3+3 ed eventuale assunzione come
associato), il fatto che in parallelo resti il più tradizionale percorso del
concorso sulla base della abilitazione nazionale e dei concorsi di ateneo
successivi, produce una curiosa duplicazione per il ruolo di professore
associato.

5) i poteri che vengono forniti ai rettori (figli del travaso di poteri dal
senato accademico al CdA e e della loro autonoma scelta della maggioranza
dei membri CdA) rischia di produrre un organo con poteri concentrati molto
(troppo) rilevanti.

6) nella legge ha un ruolo fondamentale l’ANVUR (l’agenzia nazionale per la
valutazione dell’università e della ricerca varata dal passato governo); la
Gelmini appena insediata sostenne di non essere d’accordo con questa agenzia
che lasciò in frigorifero fino a poche settimane fa. Per realizzare
operativamente l’ANVUR servono molti mesi; oggi la Gelmini ne riscopre il
valore. Si dovrà dunque attendere oltre un anno prima che essa risulti
operativa.

7) Vale la pena di notare che nonostante gli annunci di grande riforma
dell’università, del reclutamento e dello stato giuridico del
personale universitario, punti non marginali vengono demandati a
successivi decreti delegati. È un’ulteriore ipoteca che si delinea
per l’autonomia universitaria e un ulteriore segnale di esautoramento
del Parlamento.

8) il disegno di legge riguarda solo le "università statali" (art. 2 comma
2) e gli istituti di istruzione universitario a ordinamento speciale (art. 2
comma 4) (essenzialmente i Politecnici). Non si applica quindi per quelle
università private che pure ricevono finanziamenti pubblici e che di
conseguenza dovrebbero mantenere un’equiparazione normativa.

9) infine, ma affatto ultimo come punto di critica, è la completa
sottovalutazione della ricerca nell’università. Già nei principi ispiratori
della legge ci si riferisce alle università essenzialmente come luoghi di
formazione, piuttosto che come sedi per la "produzione" della conoscenza
oltre che per la sua "diffusione"!

10) vengono infine introdotte alcune norme di moralizzazione e
razionalizzazione (e questo ci pare un punto positivo) anche raccogliendo
indicazioni provenienti dalla passata legislatura, in particolare sulla
gestione dei conflitti d’interesse, sul mandato temporalmente definito dei
rettori, sulla riduzione dei settori scientifico-disciplinari (il cui numero
di approdo non pare però ancora sufficiente), etc..

Concludendo: pesanti limiti di questa legge sono chiaramente evidenziati, a
nostro parere, dai punti (1-9) sopra citati. Resta inoltre l’enorme problema
di avviare un percorso di riforma (che si intenderebbe organica)
dell’università SENZA PROGRAMMARE UN PIANO DI INVESTIMENTI ADEGUATO.
Alcune indicazioni normative presenti in questa legge (dirigismo, ruolo dei
privati, etc.) in un quadro molto ambizioso di ridefinizione delle
università italiane e in presenza di una oggettiva riduzione degli
investimenti (i tagli introdotti dalla finanziaria dello scorso anno non
sono stati rimossi) rafforzano la convinzione di un’operazione di propaganda
piuttosto che di sostanziale rilancio.

Cordialmente,
Osservatorio sulla Ricerca

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