http://www.rinnovabili.it/medicina-e-rinnovabili-un-matrimonio-in-taglia-ridotta-402323
Un campo dove le sperimentazioni con le energie rinnovabili stanno
dando buoni risultati? Quello medico. Se da un lato le fonti ‘verdi’ si
stanno affermando tra le soluzioni intelligenti per zone remote o
disagiate, dove alimentare un ospedale da campo risulta difficile in
termini di luce elettrica e apparecchiature mediche (vedi il progetto Valigie Solari),
le eco-energie si prestano sempre più a nuovi connubi anche al di fuori
di situazioni di emergenza. Grazie ai passi avanti compiuti in questi
anni dal mondo della ricerca la tecnologia delle rinnovabili ha dato
una bella scorciata alla propria taglia, caratterizzandosi sempre più
con suffissi quali mini, micro se no addirittura nano. Ed ecco che le
porte della medicina sperimentale possono aprirsi per accogliere
apparecchi dalle dimensioni ridotte che coniughino alta efficienza e
minor ingombro.
Per alcuni ricercatori danesi si è trattato di pensare ad un innovativo Micro Direct Methanol Fuel Cell (μDMFC),
in grado di sostituire le attuali pile zinco aria e così leggero da
poter essere pensato per l’alimentazione degli apparecchi acustici. Il
progetto nasce da una collaborazione tra vari enti danesi, il
Teknologisk Institut, DTU Nanotech, iNANO
Århus Universitet, e Widex A/S, che hanno ottenuto già il primo
finanziamento dalla Fondazione Tecnologia Avanzata; il consorzio si è
dato tre anni di tempo per sviluppare una cella a combustibile
semplice, user-friendly e con le stesse prestazioni di una batteria. Le
DMFC rappresentano una variante delle celle PEM,
sfruttando anch’esse un polimero come elettrolita, in grado in questo
caso di utilizzare direttamente metanolo liquido. Già di dimensioni
ridotte, nella versione ‘microscopica’ queste fuel cell si
presterebbero perfettamente ad essere impiegate in apparecchi acustici
per un lungo periodo di tempo: basterebbe inserire l’auricolare nella
sua docking station, attendere 10 secondi per il ricarica con 200
microlitri metanolo, e l’apparecchio avrebbe abbastanza energia per 72
ore d’utilizzo.
Nell’attesa che gli scienziati danesi aiutati dalla tecnologia MEMS
(acronimo di Micro Electro-Mechanical Systems) e dai nano materiali
sviluppino il loro progetto c’è già chi ha messo a punto una tecnica
per fondere assieme bionica e rinnovabili. Si tratta dei ricercatori di
Stanford e dell’impianto retinico fotovoltaico realizzato nei loro
laboratori per i pazienti afflitti da perdita progressiva di cellule
fotorecettrici. Di ‘retine al silicio’, in realtà, non è la prima volta
che se ne sente parlare ma il team promette d’aver sviluppato una nuova
generazione di protesi capaci di fornire una risoluzione maggiore
rendendo la visione artificiale più naturale; nel dettaglio gli
scienziati hanno messo a punto un chip sottoretinico progettato come un
modulo di celle solari in miniatura, estremamente flessibile, ampio 3
millimetri, spesso tre micrometri e con circa 1.000 elettrodi.
L’impianto è parte di un sistema che include una videocamera per
catturare le immagini, un PC tascabile che elabori il segnale video e
un display LCD ad infrarossi, il tutto
incorporato in speciali occhiali. La fotocamera raccoglierebbe le
informazioni visive inviandole al processore affinché le converta in
segnali elettrici da trasmettere sullo schermo a cristalli liquidi sul
lato interno degli occhiali e quindi alle celle fotovoltaiche
dell’impianto.