di Daniela Minerva e Cesare Fassari da: http://espresso.repubblica.it
Il Consiglio Superiore di Sanità ha
deliberato che la somministrazione della pillola abortiva RU486 in
Italia possa avvenire soltanto a fronte di un ricovero ospedaliero
ordinario. Con il paradosso che la donna che abortirà chirurgicamente lo
potrà farà in day hospital, mentre chi vuole evitare il bisturi dovrà
restare in ospedale. Il Consiglio Superiore
di Sanità, organo pletorico e francamente
poco autorevole, ha deliberato che la somministrazione della
pillola abortiva RU486 in Italia può avvenire soltanto a fronte di
un ricovero ospedaliero ordinario fino alla verifica
dell’espulsione completa. Quindi, nel nostro Paese – diversamente
da ciò che normalmente accade da anni in tutti i paesi della Ue
(con l’eccezione dell’Irlanda e del Portogallo), negli Usa e in
Canada – si autorizza una pillola che ha come funzione quella di
evitare un costoso e gravoso ricovero ospedaliero, ma se ne vincola
l’uso al suddetto ricovero ospedaliero. E si dice chiaramente alle
regioni che avevano deciso di somministrare la RU486 in day
hospital che il ricovero giornaliero non va bene.
Con l’incredibile paradosso che la donna che abortirà
chirurgicamente lo potrà farà in day hospital, mentre quella che
avrebbe preferito evitare il bisturi e inghiottire una pillola lo
dovrebbe invece fare restando chiusa in ospedale (senza motivo e
con evidente stress psicologico) per almeno tre giorni. E con un
inevitabile effetto boomerang: le donne decideranno di "firmare"
l’uscita dopo aver preso la pillola e se ne andranno a casa sotto
la propria responsabilità.
Chiunque dica che il ricovero "va fatto per tutelare la salute
della donna", non ha letto la letteratura scientifica e non ha
capito bene a cosa serva l’Aifa. Che è l’ente governativo preposto
al controllo sui farmaci e, presumiamo, se autorizza un farmaco è
perché ne ha verificato efficacia e sicurezza. Dunque, se l’Aifa ha
autorizzato la RU486 non si vede perché un organo consultivo
pletorico debba metterne in discussione la sicurezza. Il Css era
chiamato quindi a esprimersi su un farmaco autorizzato a seguito di
una delibera dell’Aifa pubblicata in Gazzetta Ufficiale dopo
amplissime valutazioni sia scientifiche che giuridiche. Quella
delibera si limita ad indicare che la RU 486 è un farmaco
ospedaliero e che come tale da prescrivere solo in ospedale. Non
entra volutamente nel merito del ricovero ordinario o del day
hospital, lasciando tale scelta al prescrittore e alle sue
valutazioni del caso.
Insomma, com’è logico, l’Aifa dice: ecco il farmaco, lo prescriva
solo il medico ospedaliero perché è un presidio delicato e lo
prescriva secondo scienza e coscienza, come sempre i medici possono
e devono fare. Valuti lui se la donna ha problemi clinici che
consigliano il ricovero o se non li ha e quindi se ne può andare a
casa. Qualunque discussione medico scientifica è chiusa.
È quindi evidente che non c’è un problema medico, ma giuridico. Un
problema che riguarda la legittimità o meno dell’uso in day
hospital della pillola rispetto a quanto contemplato dalla legge
194 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza. Anche in
questo caso, la lettura della legge in chiave restrittiva e anti
day hospital cozza vistosamente con quanto effettivamente scritto e
voluto dal legislatore del 1978. E questo perché in nessun comma
della legge è detto che l’aborto debba avvenire obbligatoriamente
in regime di ricovero ordinario in ospedale. Al contrario, è
previsto che esso possa avvenire anche "presso poliambulatori
pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli
ospedali ed autorizzati dalla regione" (art.8). Ma anche presso
case di cura autorizzate dalla regione (sempre art.8). Inoltre
viene chiaramente detto che la degenza in ospedale per l’aborto è
una eventualità ma non la prassi (articoli 8 e 10). E, infine,
viene esplicitamente previsto che si debba promuovere "l’uso delle
tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e
psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della
gravidanza" (art. 15). Insomma la 194 non pregiudica in alcun modo
la possibilità di usare la RU 486 con protocolli di monitoraggio a
distanza da parte dell’ospedale, consentendo alla donna di stare a
casa nel periodo di attesa del processo abortivo. E qui si apre un
altro incongruo: il Css dice che la donna deve stare in ospedale
fino all’espulsione avvenuta. Quindi giorni e giorni, giacché, per
lo più, la sola somministrazione della RU (mifepristone) non è
sufficiente e dopo un paio di giorni necessita della
somministrazione di prostaglandine: tutte pillole, s’intende, che
la donna potrebbe prendere in ospedale e poi andarsene a casa sua a
consumare in silenzio e tra i suoi cari la sua personalissima
tragedia (giacché non va dimenticato: l’aborto è sempre una
tragedia per una donna).
Invece i Soloni del Css decretano che lei dovrà starsene in
ospedale a piangere in solitudine occupando un letto prezioso e
sprecando denaro pubblico. È ovvio che il vero motivo di tutta
questa inutile manfrina è annullare di fatto ragioni e convenienza
dell’aborto farmacologico. Ma proprio per questo è altrettanto
ovvio che scatterà il "signora, se vuole, può firmare e andarsene".
Ed è ovvio che la maggioranza delle donne lo farà. Punite due
volte.
che la donna venga ricoverata? si tratta pur sempre di un farmaco
relativamente nuovo, e comunque non deve essere precisamente bello
ritrovarsi ad abortire soli nel proprio bagno di casa….
non è sempre male comportarsi diversamente rispetto agli altri paesi
europei!
non penso andrebbe fatta una analisi un po’ più approfondita prima di
gridare a gran voce cosa è meglio per la salute di una donna che
decide di abortire chimicamente… non possiamo limitarci a compararlo
con l’aborto meccanico,son procedure molto diverse e l’una (la
pillola) e molto meno prevedibile dell’altra! nel senso che di fatto
non si sa quanto tempo dopo l’assunzione avviene l’espulsione, e
questa potrebbe anche essere problematica in alcuni casi e necessitare
la presenza di un medico in una struttura adeguata.
ragazzi, sul fatto poi che sia un farmaco ospedaliero….MA MENO MALE!
insomma, magari sono io che non conosco a sufficienza questo
farmaco… magari se ne riparla insieme? " (20 marzo 2010)