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SAHID BELAMEL “Morto nell’indifferenza generale” il necrologio de La Nuova Ferrara
Categories: General

da http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/20/news/marocchino_morto_per_strada-2373882/

e da http://lanuovaferrara.gelocal.it/dettaglio/sahid-era-straniero-nessun-aiuto/1865499

Il necrologio de La Nuova Ferrara

Un
grande necrologio "provocatorio" sulla prima pagina del nostro
quotidiano ‘la Nuova Ferrara’, dedicato a Sahid Belamel, straniero e
clandestino, morto dal freddo a San Valentino dopo essere stato per
molte ore nudo e ferito ai bordi di una strada senza che nessuno lo
soccorresse. Voluto dal direttore Paolo Boldrini per scuotere la città
su tanta indifferenza.

FERRARA. Ha scosso la coscienza della città il
grande necrologio pubblicato sulla prima pagina della "Nuova
Ferrara" dedicato a Sahid Belamel, straniero e clandestino, morto
per il freddo la mattina di San Valentino dopo essere stato per
molte ore nudo e ferito ai bordi di una strada senza che nessuno lo
soccorresse. Il necrologio che ricorda lo sconcertante episodio ha
fatto sobbalzare molti ferraresi che hanno inviato al giornale
riflessioni e interventi sul caso del giovane magrebino morto
perchè nessuno ha chiamato i soccorsi. «Sono amareggiato
dall’indifferenza dei miei concittadini» scrive un ragazzo
ferrarese che vive in una grande città europea. «Se l’intolleranza
nei confronti degli immigrati – scrive un’altra lettrice – è salita
a livelli inconcepibili, è perché sono state alimentate ad arte le
paure inconsce della popolazione che si sente autorizzata ad
esternare i pensieri più biechi e sempre più spesso dalle parole ai
fatti».

Il necrologio provocatorio è stato apprezato anche da Roberto
Natale, presidente della Fnsi che ha inviato alla redazione una
lettera in cui «ringraziazia il direttore Boldrini e tutta la
redazione de "La Nuova Ferrara" per la scelta di ricordare, in
maniera giornalisticamente così incisiva, il giovane nordafricano.
La nostra informazione – prosegue Natale – sui temi
dell’immigrazione è troppo spesso un moltiplicatore dei germi di
razzismo e xenofobia: quasi sempre senza rendercene conto,
diffondiamo paure, stereotipi, pregiudizi. Proprio per contrastare
questa deriva la Fnsi ha deciso – insieme all’Ordine – di varare la
"Carta di Roma", cioè un protocollo deontologico che richiama ogni
giornalista ad usare con precisione i termini, a non ridurre il
fenomeno dell’immigrazione ad una questione di sicurezza, a non
parlare soltanto di singole vicende di cronaca ma a dare la
consistenza reale della questione, nelle sue ombre e nelle sue
luci».


Il giornale pubblica anche l’intervento del sindaco Tiziano
Tagliani, dell’arcivescovo monsignor Paolo Rabitti e di don
Domenico Bedin, sacerdote di "frontiera" che si occupa dei problemi
di immigrazione e gestisce un’associazione per la prima coglienza
di chi si trova in difficoltà. «Stiamo perdendo di vista il vero
senso della vita – scrive il sindaco Tagliani – con un forte
individualismo a scapito dei valori comuni e universali che ci sono
stati consegnati dai nostri antenati e che abbiamo il dovere di
mantenere vivi per noi e per i nostri figli. La morte di Sahid
Belamel ci costringe a meditare». L’arcivescovo Paolo Rabitti nel
suo fondo scrive «Così muore la pietà» e paragona l’episodio
ferrarese alla parabola evangelica del Buon Samaritano… «fui
visto da molti e lasciato nello stato di abbandono, senza vestiti e
malfermo e, perciò, abbandonato al suo destino. Così anche Ferrara,
dopo altre città, entra nel novero delle comunità umane ad alto
tasso di disumanità. Così i giovani, che sembrano tutt’uno quando
varcono le discoteche, nel momento in cui uno di loro sballa e
"sbiella", lo lasciano al loro destino».

Don Domenico Bedin lancia un confronto con un’altra giovane morte
che ha scosso i ferraresi, quella di Federico Aldrovandi. «Il far
finta di non vedere – scrive il sacerdote – per non compromettersi,
è stata la costante anche della vicenda di Federico, rotta solo da
una camerunense che in qualche modo ci ha redenti. Ma non abbiamo
imparato la lezione».
«Non avevo fatto questa associazione, ma è vero – commenta
Patrizia Moretti, la mamma di Federico – ripensando ad Anne Marie e
al suo senso civico, mi viene da dire che molto più di noi gli
immigrati hanno mantenuto intatto quel senso di solidarietà e
fratellanza che da noi è andato perduto. Siamo diventati più chiusi
e individualisti, abbiamo perso la capacità di empatia nei
confronti del prossimo. Qualità che invece le popolazioni più
povere hanno conservato, come i bambini. Mi fa pensare ai racconti
di mio nonno, quando mi parlava della guerra e dei pericoli e delle
privazioni che la gente allora doveva affrontare. Ma che proprio
per quei pericoli e quelle privazioni era più portata a tendere la
mano verso gli altri, a sostenersi l’un l’altro. Ecco, questo credo
sia il grande insegnamento che gli immigrati possono riuscire a
darci».

 

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ROMA -"Ci ha lasciato nell’indifferenza generale
dei passanti la mattina di domenica 14 febbraio, festa di San
Valentino. Abbandonato in agonia in via Colombo, è morto di
freddo". Il necrologio di Sahid Belamel, il venticinquenne di
cittadinanza marocchina, immigrato clandestino, morto a Ferrara, è
stato pubblicato stamane nella prima
pagina della Nuova Ferrara con l’intento di "svegliare le
coscienze", spiega il direttore del quotidiano, Paolo Boldrini. E
sembra averlo fatto sul serio, a giudicare dalle lettere e dalle
telefonate giunte in redazione. La città è scossa, e sono
probabilmente in tanti a chiedersi, come fa il sindaco Tiziano
Tagliani, "Se questo è un uomo", e su quale china stia scivolando
Ferrara, certo non diversa né peggiore da tante altre città
italiane.


Ad aver ucciso Sahid, trovato morto sul ciglio di una strada dopo
una notte in discoteca, trascorsa insieme a un gruppo di persone
che lo hanno abbandonato nonostante stesse male, non è stato
probabilmente il razzismo, e forse neanche il fatto che fosse
clandestino. Questa condizione, certo, potrebbe aver influito sulla
decisione dei suoi ‘amici’ di abbandonarlo al suo destino, dopo una
frettolosa chiamata a un taxi che non è mai arrivato, o che, se è
arrivato, non lo ha preso a bordo.

"Se qualcuno dei presenti sapeva la sua condizione avrà preferito
andarsene, perché se hai a che fare con un clandestino e pure tu lo
sei o semplicemente sei un immigrato questo ti creerà dei danni:
quando arriva la polizia ti chiederanno i documenti… avrai dei
guai. E? una delle cause più tragiche della legislazione attuale
che criminalizza i clandestini. Non si possono accogliere, non si
possono aiutare, si rischia troppo", scrive don Domenico Bedin,
sacerdote di "frontiera" che si occupa dei problemi di immigrazione
e gestisce un’associazione per la prima accoglienza di chi si trova
in difficoltà.

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Sahid è però soprattutto una vittima dell’indifferenza: "Quello che
sappiamo per certo, che le telecamere hanno ripreso – spiega
Boldrini – è che il ragazzo si trascinava, barcollava. Le macchine
sfrecciavano, una però si è fermata, ma poi ha accelerato. Non
credo che il conducente lo abbia fatto per razzismo, c’era buio,
neanche lo avrà visto bene. Il ragazzo si era tolto i vestiti,
perché era caduto nel canale, si era bagnato e si era dovuto
spogliare". Era nudo, barcollava: i più avranno preferito evitare
problemi, o semplicemente scocciature: "Difficile immaginare l?a
ssideramento o l?estrema necessità di soccorso alle prime ore del
giorno della domenica di uno sventurato che cade nel canale sbronzo
e che per salvarsi si spoglia… se vieni da un letto caldo o
smonti da una notte di lavoro. Per capire tutto questo è necessario
fermarsi, ascoltare, perdere tempo, compromettersi, sporcare la
macchina, arrivare in ritardo al lavoro o a messa…", scrive
ancora don Bedin.

Ecco perché, scrive mons.Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara e
Comacchio, "anche Ferrara, dopo altre città, entra nel novero delle
comunità umane ad alto tasso di disumanità". "Abbiamo pubblicato il
necrologio in prima pagina perché è una tradizione della nostra
città, come di molte città di provincia – spiega Boldrini – per
Sahid non l’aveva chiesto nessuno, e allora l’abbiamo fatto noi,
come denuncia, ma anche come omaggio e ricordo".
(rosaria amato)

 
 

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