da ateneinrivolta.org
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L’APPELLO ED IL PROGRAMMA
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A dieci anni dall’apertura del Processo di Bologna è ormai evidente
il ruolo che governi e imprese hanno designato per l’università e il
mondo della formazione più in generale.
Nessuna centralità nello spazio pubblico, nessuna influenza nel suo
dibattito, nessuna socializzazione di sapere qualificato fruibile dagli
studenti.
L’unica integrazione a livello europeo è quella che vede il mondo
della formazione come strumento idiota del mercato, in balia dello
stesso, senza nessuna autonomia finanziaria e, come logica conseguenza,
didattica.
Lo stesso mercato il cui fallimento ha causato la crisi economica
mondiale attuale, dagli effetti devastanti per interi settori sociali.
Gli studenti, i dottorandi, i ricercatori si ritrovano al centro di
questo processo non come elementi vivi, protagonisti della conoscenza e
della sua funzionalità sociale, ma come forza lavoro generica, alienata
dal proprio stesso percorso formativo, pronta a soddisfare le necessità
di profitti sempre più in crisi.
Il sapere, per sua natura dinamico ed eccedente, è costretto in un
processo di standardizzazione che lo rende misurabile, quantità di
valore, crediti. Una condanna a perenne schiavitù nei confronti del
libero mercato. Il governo come esecutore materiale della sentenza.
Le parole d’ordine in questi anni sono state quelle del
definanziamento e della messa a disposizione dei privati. Se la prima
fase dell’offensiva governativa si è conclusa con l’applicazione della
133, ora la necessità diviene la costituzione delle università come
fondazioni private. L’entrata di banche e imprese nei Consigli
d’Amministrazione degli atenei e delle scuole, il loro peso decisivo nei
bilanci e quindi nelle scelte da effettuare, è il loro trionfo finale.
In Italia per concretizzare questo processo ci sono volute 3 riforme e
decine di decreti, ultimo dei quali è la riforma Gelmini in fase di
approvazione. I focolai di resistenza che si sono sviluppati in questi
anni fino all’esplosione dell’Onda hanno reso questo percorso più
impervio, ma non per questo meno drammatico.
L’università in cui viviamo e studiamo oggi è figlia legittima dei
provvedimenti degli ultimi anni: l’università dei crediti, l’università
dell’esclusione, l’università dello studente massa senza diritto allo
studio.
Siamo l’unico paese in Europa con quattro livelli di selezione. La
triennale, primo tra questi livelli, è poco più di un diploma. Gli
studenti vivono senza garanzie, senza diritti. Libri di testo, case,
mense, trasporti non si presentano come questioni collettive, ma come
problemi naturalmente individuali. Chi dispone della soluzione è dentro,
per gli altri c’è l’uscita. Non è un caso che negli ultimi due anni si
registri una diminuzione nelle iscrizioni, un’inversione di tendenza
storica che prova a chiudere il ciclo dell’università di massa.
Il tempo della resistenza è terminato, occorre passare al
contrattacco. Lo spazio del compromesso è esaurito, l’unica possibilità è
nella rivolta.
Una rivolta che però non possiamo condurre da soli.
La dismissione della formazione pubblica avviene in contemporanea ed
in corrispondenza ad un altro fenomeno imponente.
La crisi dell’economia neoliberista sta trascinando nel baratro
interi settori sociali: moltissimi lavoratori e lavoratrici hanno perso
il proprio posto di lavoro. Decine di fabbriche e di aziende sono sempre
più oggetto di speculazione e anche quando continuano a produrre utili
(Eutelia il caso più evidente) vengono svendute sul mercato finanziario o
su quello immobiliare. Mentre banche, assicurazioni, manager e
finanzieri hanno mantenuto per buona parte inalterate le loro posizioni
sociali e a volte anche le loro retribuzioni.
Nel nostro paese, sindacati e partiti sembrano preoccupati solo da
scadenze elettorali o congressuali trascurando l’unica questione da
porsi in una fase così acuta di crisi sociale e politica: la
costituzione di un fronte contro la crisi e le politiche del governo,
tra lavoratori, studenti, donne, migranti, soggetti lgbitq. I fatti di
Rosarno, con la repressione e la deportazione di un intera comunità
migrante per anni sfruttata ai limiti della schiavitù, hanno reso
evidente l’isolamento sociale e politico in cui si trovano a vivere e
lavorare migliaia di migranti.
Una crisi politica quindi che è anche e soprattutto sociale.
Di lotte, vertenze, conflitti aperti contro le imprese e i
provvedimenti del governo ce ne sono tanti ma quasi mai collegati fra di
loro.
Per imporre al governo scelte diverse, per costringere banche e
imprese a pagare i costi della crisi che loro hanno causato dobbiamo
lavorare ad una rivolta generalizzata, di cui il mondo della formazione
può essere nodo importante.
Ma perché questo sia possibile dobbiamo affrontare una questione non
rimandabile.
Nelle scuole e nelle università, a più di un anno dal movimento
dell’onda, fra gli studenti e le studentesse si vive la stessa
frammentazione. L’enorme spinta partecipativa dell’anno scorso ha
lasciato numerosi spazi di autorganizzazione e conflitto studentesco,
diffusi ma disgregati, un’atomizzazione della grande marea con cui
abbiamo invaso le nostre città contro la legge 133.
Ateneo per ateneo sarà fondamentale mettere in connessione le
rivolte che partiranno dagli spazi di autorganizzazione studentesca
contro aumenti delle tasse (già annunciati da numerosi rettori) e tagli
ai servizi (con conseguenti esternalizzazioni e licenziamenti).
La sfida che abbiamo davanti è quella di superare una simile
frammentazione, mettere in connessione le rivolte, consapevoli che
nell’università dell’autonomia didattica e finanziaria, anche nelle
differenze dei singoli atenei, possiamo parlare una lingua comune.
A partire da questi titoli, come Ateneinrivolta.org stiamo
organizzando a Roma un convegno a cui invitiamo a partecipare tutte le
realtà studentesche autorganizzate.
Il programma previsto sarà il seguente:
SABATO 27
h10 Università, i saperi, le riforme e la rivolta necessaria,
intervengono:
* Piero Bevilacqua, docente di Storia contemporanea – Università
La Sapienza
* Antonio Montefusco, "Assegnista di Ricerca in Storia Medievale –
Università La Sapienza di Roma".
* Lara Benfatto, ricercatrice di Fisica presso il CNR/INFM
h15 I nodi della rivolta: contro la crisi uniamo i conflitti
h18 Università e scuola, stessa precarietà stessa rivolta
DOMENICA 28
Assemblea degli atenei in rivolta
Di fronte a una simile dismissione dell’istruzione pubblica in nome
di fantomatici principi meritocratici è necessario contrapporre una
visione sociale, critica e partecipata dell’università.
E’ necessario rivoltarsi contro la dequalificazione della didattica,
incapace di formare ma funzionale ormai a trasmettere ritmi e modelli
dello sfruttamento, e contro la marginalità sociale dell’università,
sempre più incapace di produrre dibattito e cultura.
E’ ora di ribadire che in un sistema in cui soltanto il 40% dei
diplomati approdano agli studi universitari e che non garantisce
assolutamente il diritto allo studio non potrà mai esserci meritocrazia!
A chi ci parla di meritocrazia, noi gridiamo nuovo diritto allo
studio. A chi tenta di stendere il tappeto rosso all’ingresso di privati
nell’università, rispondiamo che l’università o è sociale o non è.
A chi ci vuole perennemente sconfitti, noi rispondiamo trasformando
ogni rivolta in vittoria.
Perché vogliamo tutto, perché lo vogliamo subito.
Per info: Luciano 3405922303, Marta 3490084131, Lucia 3290136882